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lunedì 19 marzo 2018

" Papà... santo, artigiano, lavoratore... "

Il Santo Padre... anzi... papà!
Ma padre putativo... cioè a metà!!
Giuseppe l'artigiano, il lavoratore...!!!

Oggi la festa dei tanti Giuseppe... dei tanti papà che col lavoro, purtroppo, vanno sempre meno d'accordo... 😶

Coraggio! Non può piovere sempre... no???


venerdì 14 luglio 2017

" ...troppo difficile, troppo poco impegno!?! "


"Non dico che dovete credermi.
Dico che dovete sempre cambiare discorso per non affrontare la verità
."

(Pier Paolo Pasolini, Siamo tutti in pericolo)

domenica 4 dicembre 2016

" Credetemi... "

...avrei voluto evitare di scrivere, mi sarei preso una bella pausa di riflessione dal blog (...e lo faccio spesso, purtroppo, oramai...) onde evitare di lasciarmi smuovere da questa ennesima scossa emozionale... ; ...ma proprio non ci riesco, penso a "...quanto è costata questa Costituzione che ora viene infangata." (don Andrea Gallo)

Certo, provano a cambiare oltre un terzo degli articoli della Costituzione con espedienti antidemocratici.
In un parlamento di incostituzionalmente eletti ratificano di disincentivare la partecipazione popolare, abolire il diritto al voto per il Senato e regalare 95 immunità a dei titolari di doppi incarichi politici.
Evitano di abbattere o ridurre seriamente i costi della politica, semplificare i procedimenti parlamentari e superare il bicameralismo.
Rischiano, infine, di farci incappare in pericolose derive autoritarie, con sempre più potere in mano a pochi.

No, meglio di no!

La Costituzione stabilisce l'assetto ordinario, la norma fondativa, carta dei valori di regole per tutti e diritti d'ognuno; credete la si rispetti abbastanza? Applicarla, altro che cambiarla!

Votare con referendum senza quorum, anche in pochissimi a decidere... :( ...per parte di quella che invece fu approvata , quasi 70 anni or sono, dal 90% dei costituenti...!!!

Illustri "mammasantissima", pure nostrani, si son schierati a sostegno di un imprescindibile cambiamento al quale, incaprettando parole ed immobilizzando concetti come lavoro... futuro... austerity... giovani... scuola... precari..., risulta impossibile allontanarsi.
Beh, provate a chiedervi: di chi leggete, di chi udite, di chi parlate???
Scoprirete che per la maggioranza di lor signori la politica per professione è pane quotidiano, quindi rispondendo al loro grido di cambiamento dovrebbero per primi allontanarsi correndo; per come trattano di lavoro, futuro, austerity, giovani, scuola, precari... :(

Cerchiamo di esserci, ricordiamoci di chi preferiva invitare alla non partecipazione (...referendum trivelle...), portiamo lo sguardo altrove, dentro di noi... diAMOci da fare, partecipiAMO:

" Mi hanno detto che da una pianta secca può nascere un frutto.
E io ci credo.
Mi hanno detto che da una terra arida può nascere un fiore.
E io ci credo.
Mi hanno detto che da una stanza buia senza finestre può filtrare un raggio di sole.
E io ci credo.

Mi hanno detto che il mondo sta morendo per mancanza d'amore.
E io NOn ci credo! "

mercoledì 14 settembre 2016

" Troppo short la lista...!!! "

Sì, quella degli avvocati, a Bellizzi, è una lista troppo corta, che scorre poco, pochissimo... e senza criteri chiari e semplici.

Fu istituita con delibera di giunta comunale n.25 del 11/2/2015 e pubblicata nella determina n.317 del 25/3/2015.
Non è una graduatoria, non si capisce il merito nella scelta ne, come da indirizzo politico, il possibile risparmio per le nostre tasche.

Ovviamente, per ragioni di logica e giusta battaglia politica locale, salta agli occhi l'affidamento all'avvocato Telese, parecchio vicino all'amministrazione (segretario cittadino, da sempre, del PD al governo locale e già precedentemente eletto in consiglio comunale con gli stessi attuali affidatari), senza un'apparente giusta causa.

L'anno scorso, determina n.1053 del 10/11/2015, l'impegno di spesa per gli avvocati Telese e Bove arrivò a €.31mila582,40... diviso due!

La Bove, amministrativista come Telese, ha in passato sostenuto a gran voce idee partitiche opposte a quelle che attualmente gestiscono il nostro Comune; candidata con Salvioli (ex-sindaco) nella battaglia del 2009 che spodestò l'impero decennale di Città Possibile... si è poi convinta, nella rivincita di Volpe (attuale sindaco), sposando la causa?
Forse dovrebbe chiederglielo l'opposizione...!?! :(

Infine, per questo rispolveriamo il caso..., è dello scorso mercoledì la delibera di giunta n.96 che riaffida altri €.3mila (cadauno) agli avvocati di cui sopra.

Ma gli altri avvocati amministrativisti ugualmente in lista? Cosa hanno di meno?? Perché questa discriminazione continua???

venerdì 25 dicembre 2015

" Eccoci qui, ora! "

" Fateci divertire e... chi se ne frega!!!

Siamo nella terra desolata dell'esistenza giovanile e sono tempi per niente facili, c'è poco da scherzare: nella nostra vita abbondano egoismo, politiche rampanti e una speculazione economica di cui raccogliamo soltanto le briciole.

Questa è una chiamata alle armi: parlate in pubblico, rischiate la galera o l'assassinio, distruggete il nemico imitando o usando il nemico.
Trovate lavoro presso il vostro obiettivo, andate contro il Sistema corrompendone gli ingranaggi dall'interno.
Salite su un palco a luci spente e sperimentate l'estinzione dell'Io, la riduzione delle percezioni esterne, cercate stati di euforia e annullamento della realtà.

Dio è gay: liberate l'inferno, date un calcio ad ogni possibilità di redenzione e… oh, il nostro nome definitivo è: NIRVANA. "
(Kurt Cobain)


mercoledì 11 febbraio 2015

" 4MILIONI di €uro... in spicciolini di RAME!!! :( "

Una storia che va avanti da troppo tempo... che andrebbe capita e spiegata meglio, poiché purtroppo non sarà l'ultima!!! :(

lunedì 3 febbraio 2014

" ManifestAzione! "

...sì, una manifesta azione di incapacità politica, economica e culturale!

Osserviamo, da ormai più di un mese, ben otto manifesti su undici spazi disponibili, formato metri 6x3, in giro per la nostra cittadina.
Ricoprono spazi pro affissioni e continueranno a farlo almeno fino a giugno.
Sono manifesti politico-elettorali, pagano il 50% della tassa prevista, come da regolamento comunale, quindi €.90,00 ogni singola affissione al mese, invece che €.180,00.


Un ammanco per il comune (NOI!!!) di ben €.4320,00: il mancato incasso del tributo pro affissioni.


Ma non avevamo bisogno di liquidità per i tanti debiti accumulati?
Davvero meglio rincarare altrove??
Preferibili gli aumenti???

La situazione commerciale a Bellizzi (...come ovunque!) è parecchio precaria... e dovrebbe essere chiaro a tutti!?
L'amministrazione comunale, nella persona dell'assessore Alessandro Paolillo ha idea di cosa significa promozionare per qualificarsi, farsi conoscere, attirare clienti, ecc... ecc...???
I tanti che in questi mesi han puntato, malgrado la crisi, sulla pubblicità, anima del commercio, come ci saranno rimasti? Interrompere campagne pubblicitarie, anche in vista di periodi probabilmente (...e speriamo!!!) più proficui, potrebbe pesare tantissimo sugli incassi!

E vogliamo scrivere del possibile problema di par-condicio alle imminenti elezioni comunali?
Nel caso non vi fossero solo queste due formazioni, InsiemePerLaBellizziCheVogliamo e CittàPossibile, come ci si preoccuperà di recuperare spazi uguali per gli altri?

Infine, non si era contro la subcultura dell'immagine, dell'apparire, del mostrare a tutti i costi... invece di fare i fatti?

Durante la scorsa campagna elettorale, ed io l'ho vissuta, ricordo bene lo scintillio degli amici di donSilvio: gli omaggi floreali alle donne, le uova pasquali ai bambini, le mega parate ai ministri ed ai limitrofi vicini comunali... pure vicini d'intenti, tipo "facciamo un comune unito ed unico" con Montecorvino Rovella e Pugliano più i dissidenti, i contrari alla Bellizzi comune autonomo!!! :(
Ma loro erano (???) di centrodestra, anche la mega vela che trottolava per la metropoli... era capibile, scontata(?!?...chissà a che prezzo?!?).

Diverso discorso, invece, tra noi di centrosinistra; altra cultura: pochi manifesti, poche luminarie, pochi cambiamenti, poche aperture, poche individualità, pochi dubbi, ...pochi voti! :(
Adesso invece? Cambio di strategia?? Nuovo che... anzi, chi???

Continuate coi passi falsi, purtroppo...; noi continueremo a sperare in alternative più costruttive (...non per forza palazzi!), che manifestino azioni sempre più vicine all'interesse della nostra comunità.

lunedì 2 dicembre 2013

" V day: il giorno dei valori popolari... "

Ancora una volta il Movimento Cinque Stelle ha mostrato la sua vera faccia: il Populismo, il valore del Popolo!

Un paio di secoli fa, in Russia, veniva esaltato il socialismo agricolo; anche in Italia, dagli anni 70 del secolo scorso, muove i primi passi l'agricoltura sociale; oggi, il mondo popolare, si identifica, a larghissima maggioranza, con la disaffezione totale alla classe dirigente del nostro Paese.

Non vi è più scampo, nessuna via d'uscita. Insostenibile il continuo scollamento tra economia reale, popolare ed economia lobbista, al soldo dei soliti privilegiati.

Nelle scuole pubbliche, di ogni ordine e grado, si discute di sponsorizzazioni private, di accesso limitato e limitante.
Nel mondo del lavoro (...quello rimasto...) le disparità di trattamento, tra soggetti con eguali diritti, si affrontano in modo sommerso o, quando si può, espatriando.
Nelle famiglie si evidenziano problemi legati all'alimentazione, con dati di spesa che sfiorano il dopoguerra... con il 70% - 7 famiglie su 10 - che continua a ridurre gli acquisti per la tavola, in quantità ed in qualità!
E poi l'ambiente, il clima... :(

Inutile soffermarsi su quanto questa pandemia influisca sullo Stato Sociale in modo diretto, coincidendo, inoltre, con le continue ristrettezze, imposte, in fatto di Spesa Sociale.

Solo una sana rivoluzione salverà il pianeta. Non escludo che debba piombarci addosso a breve, tipo il blocco dei tir per lo sciopero del 9 dicembre, ma io continuo a sperare, anzi... a cospirare contro il lugubre sistema partitico italiano.

Il potere al popolo sovrano!
Dai territori la scommessa sul cambiamento, dai singoli comuni l'attentato al lurido clientelismo, dai cittadini la guerra alla connivenza con la mala politica.

I sette punti di Grillo, dal palco di Genova, hanno chiarito le proposte, oltre alle proteste... adesso?
Diamoci da fare, un bel "Vday" ovunque, anche a Bellizzi... jamm' bell'!!! ;D

sabato 21 settembre 2013

" ...vessilli... "

La mia bandiera è la mia testa... le mie idee, il mio impegno!
Quale destra, quale sinistra, quale partito?!?
Avverto il bisogno di costruire con nuovi mezzi, in nuovi modi, per nuovi motivi.
Raggiungere gli obiettivi di tutti: solidarietà ed uguaglianza.

La nuova classe dirigente non potrà più sorgere dalle rovine della vecchia.

Gli attivisti del Movimento 5 Stelle hanno aperto un varco, una speranza di partecipazione dal basso.
Dai, cogliamo l'attimo!!! ;)


" Troviamo i modi, vicini e lontani, militanti e ragionati, per agire.
La tua terra è la mia terra...
Vediamoci, organizziamoci, agiamo.
Insieme a chi ogni giorno si sveglia, vive, ama e muore... "
                              (Roberto SAVIANO)

martedì 5 giugno 2012

" Alleanza per il Lavoro, i Beni comuni e l'Ambiente. "


Anche in provincia di Salerno si fa spazio una nuova idea di partecipazione politica, una nuova A.L.B.A.!
Il progetto si allarga a livello nazionale nell’ultima decade di marzo, grazie al lavoro di Andrea Bagni, Paul Ginsborg, Claudio Giorno, Chiara Giunti, Alberto Lucarelli, Ugo Mattei, Nicoletta Pirotta, Marco Revelli e Massimo Torelli. Questi riescono a sintetizzare una linfa nuova, vitale per la ripresa della partecipazione democratica nel nostro Bel Paese, l‘idea di un Soggetto Politico Nuovo.

Il malessere e la sfiducia, oramai innervati nel corpo della società, segnano qualsiasi prova nuova della “politica politicante”, allontanando parecchio a prescindere. Ed ecco che, complice una splendida domenica pomeriggio d’inizio giugno e gli impegni per ricorrenze varie (comunioni, battesimi, regate storiche…!!!), mettere insieme un manipolo di sostenitori che, provenendo da diverse esperienze partitiche, associazionistiche e di libero interesse civico, provino a confrontarsi partendo dall’iniziale manifesto ispiratore… non è propriamente cosa facile. Ma, tant’è, una decina di audaci sostenitori del libero pensiero democratico si incontrano a Bellizzi, provando ad iniziare un nuovo cammino politico dal basso: Cava de Tirreni, Pontecagnano, Eboli, Agropoli e Bellizzi… questo il quadro iniziale al quale si aggiungeranno prestissimo Battipaglia, Salerno, Amalfi, Nocera e tanti altri contatti.

I temi trattati, dopo un primo giro di conoscenze dirette, sono: la forma partito, la territorialità e la trasparenza.
L’incapacità dell’attuale classe politica, la stessa che ci governa da decenni, frena il passo alle tantissime buone nuove che pure esplodono in contesti parecchio più reali e condivisi. Gli esempi positivi permeano i nostri territori. Ci lasciano auspicare una sempre maggiore necessità di promozionare dibattiti ed incontri, in una continua ricerca del giusto contributo del singolo al raggiungimento del bene comune. La voglia di sentirsi parte integrante di un sistema che prediliga la trasparenza sopra ogni cosa, in una sinergia perfetta tra elettore ed eletto.

Noi ci vogliamo provare ed abbiamo bisogno di tutti. Ritenetevi allertati… vi terremo informati! ;)

domenica 20 maggio 2012

" CONCLUSIONI "

www.soggettopoliticonuovo.it

- Si rompe con il modello novecentesco del partito, introducendo nuove regole e pratiche: trasparenza non segretezza, semplicità non burocrazia, potere distribuito non accentrato, servizio non carrierismo, eguaglianza di genere non enclave maschili, direzione e coordinamento collettivo e a rotazione, non di singoli individui carismatici. - Si rompe con questo modello neo liberista europeo che vuole privatizzare a tutti i costi, che non ha alcuna cultura dell’eguaglianza, che minaccia a morte lo stato sociale, la dignità e sicurezza del lavoro. Si insiste invece sulla centralità dei beni comuni, la loro inalienabilità, la loro gestione democratica e partecipata. - Si rompe con la visione ristretta della politica, tutta concentrata sul parlamento e i partiti. Si lavora invece per un nuovo spazio pubblico allargato, dove la democrazia rappresentativa e quella partecipata lavorano insieme, dove la società civile e i bisogni dei cittadini sono accolti e rispettati. - Si riconosce l’importanza della sfera dei comportamenti e delle passioni, rompendo con le pratiche mai esplicitate ma sempre perseguite dal ceto politico attuale: la furbizia, la rivalità, la voglia di sopraffare, il mirare all’interesse personale. Al loro posto mettiamo l’inclusività, l’empatia, la mitezza coniugata con la fermezza.

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" COMPORTAMENTI E PASSIONI "

"Le regole formali, preziose e insostituibili, non sono sufficienti. Ad esse va associata la lenta ma costante creazione di una cultura profondamente diversa. Per troppo tempo abbiamo scelto di escludere dal campo della politica qualsiasi riflessione sulle passioni e sui comportamenti individuali. Un esempio fra tanti: la cultura della pace. Siamo bravi a predicare la non-violenza a livello internazionale ma molto meno a praticarla come virtù sociale. Le relazioni tra di noi nella sfera pubblica politica rimangono piuttosto primitive, senza alcun guida. Anzi. Abbiamo accettato fin troppo facilmente che la nostra pratica politica sia intrisa della violenza e della competitività, una forma di ‘neo-liberismo interiorizzato’. Superare una cultura così longeva e insidiosa non è questione di una stagione politica. Ma riconoscere la legittimità del tentativo è già un grande passo in avanti. Quando parliamo delle passioni e delle emozioni viene in mente primo di tutto un discorso sul loro governo. Tante volte consentiamo che siano le passioni negative – l’invidia, l’odio, l’orgoglio, l’ira – e i comportamenti sociali che ne derivano – la rivalità, la voglia di sopraffare, il perseguimento dei propri interessi in modo esclusivo – a guidare le nostre azioni. E spesso lo facciamo con una grande inventiva, rappresentando i dissidi come ‘differenze oggettive ’, negando con veemenza le loro origini soggettive. Questo approccio rende la sfera pubblica politica paragonabile a una grande giungla preistorica, dominata da ‘ego-mostri’ – politici moderni gonfiati dall’attenzione incessante dei media. Un primo passo, dunque, verso una nuova politica in questo campo sarebbe un discorso centrato sul governo e sull’autogoverno delle passioni, l’invito forte all’autodisciplina, la produzione di un codice di comportamento. Soprattutto dobbiamo negare spazio a una delle passioni più dannose – il narcisismo. Siamo stufi di leader narcisi e non vogliamo semplicemente affidarci a figure carismatiche, incoraggiate al massimo dalla moderna personalizzazione della politica. Non sopportiamo il protagonismo sfrenato e l’auto-compiacimento senza fine. Se il nuovo soggetto politico venisse concepito come veicolo per una leadership che si presenta in questo modo, avrebbe poca possibilità di crescere e fiorire. Le passioni non esistono però solo per essere governate. Una seconda riflessione invita al superamento della classica contrapposizione tra ragione e emozioni, la prima vista come positiva e civilizzante, le seconde giudicate negative e primitive. Certe emozioni e i comportamenti sociali che ne derivano costituiscono invece una risorsa preziosissima per la sfera pubblica politica: la compassione e la gioia, l’amore e la speranza, la generosità e il rispetto per gli altri. Non cerchiamo una nuova sfera politica di auto-abnegazione e di sacrificio, in cui l’individuo si annulli a servizio della causa comune. Cerchiamo invece l’autorealizzazione individuale in un contesto collettivo radicalmente nuovo, all’insegna dell’eguaglianza. Sarebbe interessante sperimentare di più il sentimento dell’empatia, cioè la capacità di mettersi nei panni dell’altra/o, in termini non solo personali ma politici, praticando quella “salda comunanza” (Martha Nussbaum) che esalta le facoltà tipicamente umane di scelta e di socialità. Tutto questo può trovare una prima verifica nella sfera della micro-politica, la cultura sottostante e di supporto alle regole formali e alle grandi riunioni nazionali. E’ qui che i partiti politici tradizionali danno il peggio di sé. Abbiamo visto dirigenti dei partiti venire alle riunioni e poi leggere ostinatamente i giornali finché non è il loro turno di parlare o quello di un altro dirigente (rivale). Abbiamo visto ovunque i tipici atteggiamenti maschili – non solo di uomini – per cui ci si preoccupa solo del proprio intervento, poi si riaccendono i cellulari e ci si mette a chiacchierare in fondo alla sala. Tutti arrivano in ritardo: più importante sei, più in ritardo arrivi. Tutto l’impasto di una riunione o di un’assemblea assume l’aspetto livido di una contusione, di una profonda e persistente ferita alla democrazia. Da quel terreno cosa può scaturire di nuovo o di buono? A livello di micro-politica un soggetto nuovo metterebbe invece l’accento su un modo di comportarsi radicalmente diverso, all’insegna dell’eguaglianza e della cooperazione fra generi, della capacità di ascoltare, della puntualità, dell’incoraggiare alla partecipazione i più timidi o chi ha meno esperienza. Ritroverebbe una fisicità della politica oltre le reti virtuali di Internet, avrebbe attenzione alla massima circolazione dell’informazione interna e cura che i nuovi partecipanti non si sentano “ospiti”, ma protagonisti alla pari degli altri. A predominare sarebbero le virtù sociali della mitezza e della fermezza. Il mite, scrive Norberto Bobbio, ‘è l’uomo [donna] di cui l’altro ha bisogno per vincere il male dentro di sé’. Alle sue qualità intrinseche ne viene aggiunta un’altra – quella della fermezza, la capacità di non cedere, come ci ha insegnato Gandhi, ma di insistere con pacatezza. Così la cultura politica nuova si distanzia mille miglia da quella classica del Novecento, basata com’era in grande parte sul machiavellismo, sulla realpolitik, sulla furbizia e l’autoreferenzialità."

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" FORME E PRATICHE DI UNA NUOVA AGGREGAZIONE "

"La degenerazione degli attuali partiti politici oscura e mortifica gli ideali di molte persone che, soprattutto a livello di base, vi militano in buona fede e con generosità. La volontà di partecipazione, di “far da sé”, di riprendere in mano il bandolo del discorso pubblico, richiede invece un modello di pratica e di organizzazione politica radicalmente altro rispetto a quello formatosi nel lungo ciclo novecentesco. Non possiamo più accettare un modello incentrato sulla stretta identificazione di “sfera pubblica” e di “sfera politica” con un tendenziale primato della seconda sulla prima, in quanto luogo di espressione della “forma partito” intesa come unico soggetto dotato di voce e legittimazione. I nostri Costituenti, nello scrivere l’art. 49, avevano immaginato i partiti come luoghi di mediazione, corpi intermedi fra società e istituzioni politiche. Luoghi nei quali potesse formarsi e organizzarsi il consenso. Ma il principio costituzionale che i partiti devono concorrere “con metodo democratico” alla vita politica nazionale, è stato realizzato solo parzialmente, in riferimento alle relazioni esterne dei partiti. In realtà s’immaginava che il metodo democratico dovesse valere soprattutto nel funzionamento interno dei partiti, sulla base di principi quali la solidarietà, l’eguaglianza, la pari dignità, la trasparenza. Una volontà velocemente disattesa da un sistema politico che si è progressivamente organizzato con strutture opache, piramidali, fortemente escludenti. I partiti politici attuali sono così diventati organizzazioni completamente anacronistiche rispetto ad un modello di democrazia che non può più esaurirsi nella rappresentanza e nella delega. Il fondamento giuridico leggero che li intende quali libere associazioni di cittadini non riconosciute (Codice civile) risulta paradossale. Essi incredibilmente si trovano nella posizione di godere da un lato di tutti i benefici di un soggetto privato, dall’altro di avere accesso ad ingenti risorse pubbliche. Un mostro a due teste che si appella al diritto di riservatezza, proprio dei soggetti privati, mentre vive di risorse pubbliche in una dimensione opaca, espressione di corruzione e perversa contaminazione di interessi pubblici-privati. Noi vogliamo invece affermare l’interpretazione autentica dell’espressione “metodo democratico”, vogliamo un soggetto politico che, oltre i partiti, sappia muovere dai fondamenti costituzionali per creare nuovi modelli di partecipazione politica, fondati sulla passione, la trasparenza e l’altruismo. In primo luogo il soggetto nuovo, nelle sue regole e pratiche, dovrebbe mettere l’accento sull’inclusione. L’immagine dei partiti arroccati ai propri privilegi e separati dal resto della società, dediti all’hollowing out, allo svuotamento della democrazia – sempre più potere nelle mani della leadership, sempre meno democrazia interna, sempre meno iscritti (Peter Mair) – dovrebbe cedere il passo a un’altra, totalmente diversa, basata sull’allargamento dello spazio pubblico della politica, non sulla sua restrizione. Dentro questo spazio, non più separato dalle istanze della società, si muoverebbe una pluralità di attori politici nuovi. Si passa così dall’esclusione verticistica (il tesserato come spettatore passivo degli show dei suoi leader) all’inclusione orizzontale: il cittadino come agente in una struttura basata su regole democratiche. La struttura del nuovo soggetto non sarebbe piramidale ma confederale, senza un centro ‘nazionale’ fisso ma con un coordinamento itinerante e a rotazione che si sposta regolarmente da regione a regione. I singoli individui si aggregano in modo egualitario sia alla sfera della discussione e della decisione, sia a quella dell’azione, ognuno nei limiti delle sue possibilità e delle sue disponibilità di tempo. A tutti i livelli cerchiamo le forme politiche che consentiranno realisticamente la possibilità di confrontarsi e decidere insieme (vedi sopra nel paragrafo B). Ci interessa un luogo dove si sperimentino pratiche fondate sul “potere di” piuttosto che sul “potere su”. Il “soggetto nuovo” nascerà da un’istanza diametralmente opposta a quella che ha guidato quasi tutti i processi organizzativi novecenteschi. Organizzarsi, secondo quel modello significava unificare gli identici, raccogliere in un unico contenitore (modellato gerarchicamente sulla struttura statale) gli “omogenei” – coloro che condividono gli stessi valori, gli stessi linguaggi, gli stessi ideali, gli stessi interessi e gli stessi luoghi. Crediamo invece che organizzare, oggi, voglia dire mettere in connessione le diversità: culturali, etniche, linguistiche. Inventare la forma della convivenza in un mondo e in una società in cui quello che era distante e separato tende a convergere e intrecciarsi. L’organizzazione politica dovrebbe essere il grande laboratorio in cui si inventano e si forgiano i nuovi linguaggi di un dialetto universale in grado di superare la separatezza Una politica che sappia emanciparsi dalla coppia schmittiana “amico-nemico”. Che sappia trovare la propria “essenza” non nell’esclusione reciproca (e nel conflitto tra identità chiuse e separate) ma nell’inclusione e nella contaminazione-connessione-ibridazione tra identità. Una serie di regole semplici e condivise che in questi anni sono diventate patrimonio comune determineranno il comportamento del nuovo soggetto nelle istituzioni e fuori di esse. Adozione di un codice etico e dunque politico nella ricerca e accettazione dei finanziamenti, rifiuto della gestione clientelare di risorse e consulenze, primarie per la selezione dei candidati o assemblee partecipate nei piccoli comuni, limiti e vincoli di mandato, rotazione negli incarichi di direzione, trasparenza nell’uso delle risorse. La vita interna del nuovo soggetto si baserà anch’essa su alcune semplici regole di base: prendere le decisioni ricercando in modo prioritario il massimo consenso possibile; quando occorre procedere al voto con il sistema “una testa un voto”, unire il rispetto delle decisioni maggioritarie con la salvaguardia dei diritti delle minoranze, possibilità per tutti di votare in modo regolare e segreto. Nelle riunioni del nuovo soggetto, considerazioni di genere devono assumere un posto di massima importanza: nessuna tolleranza per i soliti maschi accentratori. Tempi stretti di intervento, ascoltare ciascuno/a e fare in modo che ciascuno/a parli, report tempestivi delle riunioni. La chiave della vita interna dovrebbe essere la prevenzione insieme all’invenzione: prevenzione di tutte quelle forme di burocratizzazione e di oligarchia che hanno sempre caratterizzato i partiti socialdemocratici (per non parlare di quelli democristiani), un’invenzione che si nutre di una partecipazione dal basso sempre più formata politicamente: negli ultimi anni, tante delle persone coinvolte nelle campagne referendarie e in mobilitazioni simili si sono informate, studiando, sostituendosi così ai partiti nelle proposte di nuove politiche. La formazione, ormai assente nelle strutture partitiche (con gravi danni non solo a livello nazionale, ma anche nelle amministrazioni locali, con politici sempre più ignoranti) è un terreno su cui ritornare a impegnarsi. Più estesa la scala, più arduo diventa il nostro compito. In ogni caso la nuova democrazia deve camminare mano in mano con l’efficacia. Oltre al come si decide, diventa importante come si funziona. E’ del tutto inutile rimpiazzare la repubblica delle banane o quella dei “tecnici” con una delle chiacchiere. Lavoriamo per stemperare, rendendolo dinamico, il confine fra le persone che partecipano a campagne e gli iscritti. Pensiamo ad allargare il potere decisionale a tutti, attraverso consultazioni vincolanti tramite voto referendario e primarie, per la materia elettorale e non solo."

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" IL NUOVO SPAZIO PUBBLICO DELLA DEMOCRAZIA "

"A metà dell’Ottocento John Stuart Mill era convinto che il nuovo sistema rappresentativo garantisse a ‘tutte le voci ‘ del Regno di farsi sentire nel parlamento. La storia gli ha dato torto. Anche in virtù della deriva maggioritaria, i parlamenti si sono sempre più allontanati dal paese reale, e sempre più i parlamentari rappresentano, in primo luogo, se stessi. La democrazia rappresentativa ha bisogno, dunque, sia di una sua riforma interna in senso proporzionale, sia di essere arricchita da nuove forme di democrazia partecipativa. Ciò che vale per il sistema politico nazionale è ancora più vero per i partiti in cui la democrazia ha sempre fatto fatica ad imporsi. La teoria che sottende ai cambiamenti deve essere resa esplicita: il sistema rappresentativo è l’unico che garantisce la partecipazione di tutti i cittadini in condizioni di voto segreto. Esso gioca di conseguenza un ruolo insostituibile. Ma per affrontare l’attuale crisi deve essere associato alla democrazia partecipativa E il punto cruciale riguardante il rapporto tra i due risiede nel fatto che l’attività costante della partecipazione alimenta e garantisce, stimola e controlla la qualità della rappresentanza e la qualità della politica pubblica. In altre parole è emersa in questi ultimi anni una domanda esplicita di rottura che ha al suo centro una nuova percezione dello spazio pubblico, che non può essere ridotto né all’attività, sempre più degradata, dei partiti, né ai codici di per sé privatistici, del “mercato”. Tra i cittadini è cresciuto il desiderio di riappropriarsi di ciò che è comune, non solo beni ma anche processi. La democrazia si allarga e diventa più inclusiva: delle nuove forme di partecipazione dei cittadini, della gestione dei beni comuni, della società civile che interagisce, in piena autonomia, con una sfera politica che si apre alla cittadinanza invece di chiudersi come un riccio. Processi di questo tipo cambierebbero in positivo anche il delicato rapporto tra privato e pubblico. Nei decenni del neoliberismo abbiamo assistito al trionfo del privato, declinato in vari modi: consumismo, chiusura nell’interesse personale, familismo, evasione fiscale; ma anche, sul versante opposto, solitudine, frammentazione, esclusione. Sarebbe ora di riattivare e riapplicare quella rivoluzionaria intuizione del movimento delle donne degli anni ’60 e ’70: ‘il personale è politico’. Le persone, uomini e donne, devono riflettere sul loro ‘privato’ – i loro valori, consumi, strategie individuali e familiari. Questa riflessione ha rilevanza per lo spazio pubblico di più grande emergenza – l’ambiente. Una visione ecologica del mondo incentrata sui beni comuni richiede una trasformazione qualitativa e relazionale del rapporto tra spazi pubblici e privati, così da perseguire la giustizia ambientale e sociale. I destini del pianeta non possono essere affidati esclusivamente ad interessi individualistici, guidati dal tasso di profitto a breve termine e dalla negazione della dignità del lavoro. In coerenza con una visione ecologica del mondo incentrata sui beni comuni, occorre invece coniugare i doveri e i diritti, per costruire relazioni equilibrate per l’insieme della collettività. Troppe volte la ‘partecipazione’, come viene praticata dai partiti ansiosi di dimostrare la loro disponibilità e la loro ‘modernità’, ha assunto il volto dello ‘sfogatoio’, con assemblee caratterizzate da un confusionismo generale. Occorre invece uscire da questa mistificazione della sovranità popolare, e allo stesso tempo destrutturare una sovranità popolare totalmente fondata sulla delega. Occorre trasformare il livello prepolitico della partecipazione in diritto alla democrazia. Possiamo infatti mutuare i principi della Convenzione europea di Aarhus – legge dello Stato a partire dal 2001. La Convenzione, attraverso l’istituto della partecipazione, riduce la discrezionalità delle scelte politico-amministrative, obbligando le istituzioni a prendere in considerazione le istanze partecipative e ad argomentare in maniera più circostanziata le proprie decisioni. In questo senso il Laboratorio Napoli “Per una Costituente dei beni comuni” prevede sedici consulte divise per macro-aree che si interfacciano con i singoli assessorati attraverso il ruolo dei facilitatori. L’informazione deve costituire il presupposto per una reale partecipazione. Il processo partecipativo è normato e calendarizzato, la sua violazione può determinare l’annullamento degli atti amministrativi. Ciò rende certo il processo evitando forme fasulle e confusionarie della partecipazione, ponendosi come un esempio del necessario connubio tra rappresentanza e partecipazione. Un altro esempio di partecipazione, disegnato per la consultazione di un grande numero di cittadini, è il referendum on line che, preceduto dalla necessaria dispensa di informazione bi-partisan, può portare alle decisioni in tempi rapidissimi. Un altro ancora viene chiamato PARTY (partecipazione attiva riunendo tavoli interagenti). E’ un metodo ispirato a due fra i più diffusi (Town meeting e Open Space Technology), che permette di discutere e decidere insieme sia su questioni locali che nazionali. Un’assemblea, ad esempio, viene divisa in tavoli di dieci-quindici persone ciascuno. I/le partecipanti, che possono non conoscersi affatto, affrontano i temi a loro sottoposti. Per ogni tavolo si sceglie una persona per facilitare il dibattito, un’altra per prendere appunti. Dopo una lunga e informata discussione in un arco di tempo prestabilito, ogni tavolo cerca di esprimere nel report un’opinione collettiva che può anche comprendere proposte diverse. Alla fine, una sintesi di tutto il lavoro svolto viene presentato alla plenaria. L’interazione tra chi partecipa ai tavoli e la possibilità di essere praticata a costi contenuti e con un uso ottimale delle tecnologie informatiche, costituiscono un pregio particolare di questo tipo di democrazia partecipativa. Di tutte le forme di democrazia partecipativa, quella iniziata nella città di Porto Alegre in Brasile rimane una delle più convincenti, e per tre ragioni principali: la prima perché la partecipazione è calendarizzata, con un forte senso di continuità temporale durante l’anno, non limitata a una singola occasione. La seconda perché prevede un gran numero di luoghi e livelli di partecipazione, dagli incontri di strada (street meeting) di gennaio al Consiglio di bilancio in settembre, alla solenne adozione del bilancio partecipativo da parte del consiglio municipale e del sindaco a fine anno. E la terza perché è un processo, non un momento, che contribuisce così alla formazione di un prezioso capitale per qualsiasi democrazia – gruppi crescenti di cittadini informati, attivi e con idee chiare su che cosa costituisce una cultura democratica. Dobbiamo trovare, declinando in più di un modo la democrazia partecipativa, la forza per portare avanti una vera rivoluzione culturale fatta di trasparenza e responsabilità."

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" DIFFONDERE IL POTERE, NON CONCENTRARLO "

"Oggi le decisioni sono sempre prese altrove – non a livello comunale ma regionale, non nel parlamento romano ma a Bruxelles, non a Bruxelles ma a Francoforte, non alla BCE ma dai ‘mercati’, strane creature che vivono solo di giorno ma che decidono tutto lo stesso, sia per il giorno che per la notte. Il nostro compito è di frenare per quanto possiamo questa fuga decisionale verso l’alto, l’inspiegabile e l’astratto. Bisogna innescare un processo opposto che destituisca, decostruisca, ceda, decentri, abbassi, distribuisca, diffonda il potere. Bisogna riaffermare la validità della dimensione territoriale locale (ma non’ localistica’), espandendo tutti quegli spazi in cui il governo e il cittadino sono vicini l’uno all’altro. Il comune è uno di questi. Carlo Cattaneo, una delle più belle ed inascoltate voci del nostro Risorgimento, nel 1864 descrisse il comune come ‘la nazione nel più intimo asilo della sua libertà’. E aggiunse, con un pizzico di amarezza: ‘pare che fuori di codesto modo di governo la nostra nazione non sappia operare cose grandi’. Ridare spazio e poteri ai comuni, e metterli in contatto tra di loro sarebbe già in sé una ‘cosa grande’. La Rete dei comuni per i beni comuni punta in questa direzione, verso una valorizzazione profonda dei beni comuni e dei diritti fondamentali ad essi collegati. E punta anche ad agire dal basso verso l’alto, costituendo una sede congeniale per proposte da sottoporre alla Commissione Europea ai sensi del Trattato di Lisbona e del reg. UE n.211/2001. Si pensi, per esempio, al progetto di una ‘Carta Europea dei Beni Comuni’, così come deliberato dal Comune di Napoli, mediante la quale inserire la nozione di bene comune tra i valori fondanti dell’Unione e fronteggiare la dimensione puramente mercantile (market oriented) del diritto comunitario. In questo modo il potere locale riesce ad aggregarsi, a contare a livello nazionale, a diventare forza anche transnazionale ma sempre quale attuazione di un indirizzo politico espresso dal basso e soprattutto dalla cittadinanza attiva. Non basta. Il comune è un’istituzione costituzionale, non un’aggregazione di una certa tendenza politica. Un soggetto politico nuovo dovrebbe impegnarsi su tanti terreni, sia dentro le istituzioni che fuori, cercando sempre di coniugare fra di loro livelli diversi della democrazia: quella rappresentativa, quella partecipativa e quella di prossimità. In prima istanza esso dovrebbe interagire con le forze e movimenti della società civile. Essi agiscono per una grande varietà di motivi – in nome dell’ambiente, in difesa dei diritti dei lavoratori, per la legalità e contro la criminalità organizzata, per la dignità e la parità delle donne – in un mondo (e un mondo di lavoro) ancora profondamente patriarcali. Nel rapporto tra i generi l’eguaglianza non può limitarsi alle “pari opportunità” cioè ad accomodamenti (pur necessari) dentro un sistema che resta immutabile, ma diviene un processo in grado di sovvertire l’esistente. Chi vive una situazione di ineguaglianza non può limitarsi a voler essere uguale a chi si ritiene superiore o più potente, al contrario aspira al superamento dei vecchi modelli. Tutte queste istanze della società civile sottolineano giustamente la loro specificità e autonomia; molte insistono anche sull’informalità e spontaneità delle loro strutture. Ma allo stesso tempo tutte hanno un bisogno disperato di connettersi fra loro e con le sedi decisionali, di presentare i loro punti di vista nelle istituzioni e di riformare quelle istituzioni stesse. Si cerca un nuovo tipo di relazione politica: che forma potrebbe mai assumere una volta che ci si rende conto dell’inadeguatezza del sistema attuale della rappresentanza?"

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" NON C'E' PIÙ' TEMPO "

"Oggi in Italia meno del 4% degli elettori si dichiarano soddisfatti dei partiti politici come si sono configurati nel loro paese. Questo profondo disincanto non è solo italiano. In tutto il mondo della democrazia rappresentativa i partiti politici sono guardati con crescente sfiducia, disprezzo, perfino rabbia. Al cuore della nostra democrazia si è aperto un buco nero, una sfera separata, abitata da professionisti in gran parte maschi, organizzata dalle élite di partito, protetta dal linguaggio tecnico e dalla prassi burocratica degli amministratori e, in vastissima misura, impermeabile alla generalità del pubblico. È crescente l’ impressione che i nostri rappresentanti rappresentino solo se stessi, i loro interessi, i loro amici e parenti. Quasi fossimo tornati al Settecento inglese, quando il sistema politico si è guadagnato l’epiteto di ‘Old Corruption’. In reazione a tutto questo è maturata da tempo, anche troppo, la necessità di una politica radicalmente diversa. Bisogna riscrivere le regole della democrazia, aprirne le porte, abolire la concentrazione del potere ed i privilegi dei rappresentanti, cambiarne le istituzioni. E allo stesso tempo bisogna inventare un soggetto nuovo che sia in grado di esprimersi con forza nella sfera pubblica e di raccogliere questo bisogno di una nuova partenza. I due livelli – la democratizzazione della vita pubblica del paese e la fondazione, anche a livello europeo, di un soggetto collettivo nuovo, si intersecano e ci accompagnano in tutto il manifesto. Le nostre sono grandi ambizioni ma siamo stanchi delle clientele che imperversano, dell’appiattimento della politica su un modello unico, delle partenze che non partono. E poi, con la destra estrema che alza la testa in tutta l’Europa, si fa sempre più pressante lo stimolo ad agire, a non lasciare una massa di persone in balia alle menzogne populiste. Oggi la sfera separata della politica in Italia, ‘il palazzo’ per intenderci, non rappresenta affatto parti intere del paese: le persone giovani, specialmente del Sud e donne, che non trovano sbocco ai loro sogni e ai loro percorsi educativi; le operaie e gli operai, che vedono giorno dopo giorno minacciati i loro diritti dentro la fabbrica, le commesse e i commessi intrappolati nella catena della distribuzione, i ceti medi del pubblico impiego, quelli della scuola, della sanità, dell’ amministrazione pubblica, che in questi anni sono stati tartassati e disprezzati; i giovani precari, spesso super-qualificati, vittime di una flessibilità selvaggia neoliberista inizialmente introdotta dal centro-sinistra che ha tolto loro dignità e futuro, la rete dei microproduttori e del cosiddetto lavoro autonomo di seconda generazione entrata in crisi con la recessione. Tutti questi elementi possono mobilitarsi nella società per poi trovare nel palazzo solo un muro di gomma o un ascolto distratto. E’ ora di spezzare questi meccanismi perversi. Al loro posto proponiamo un nuovo percorso in cui i cittadini riescano ad appropriarsi, attraverso processi democratici diversi, del potere di contare e di decidere. La ‘poesia pubblica’, per utilizzare la frase del poeta americano Walt Whitman, deve entrare nella storia della Repubblica. E lo farà quando un gruppo sempre più grande di cittadini (donne ed uomini) qualificati, informati e attivi decideranno di farne la loro bandiera."

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domenica 25 dicembre 2011

" Questa è acqua, questa è acqua! "

" Un saluto a tutti e le mie congratulazioni alla classe 2005 dei laureati del Kenyon college. Ci sono due giovani pesci che nuotano uno vicino all'altro e incontrano un pesce più anziano che, nuotando in direzione opposta, fa loro un cenno di saluto e poi dice “Buongiorno ragazzi. Com'è l’acqua?” I due giovani pesci continuano a nuotare per un po’, e poi uno dei due guarda l’altro e gli chiede “ma cosa diavolo è l’acqua?”
È una caratteristica comune ai discorsi nelle cerimonie di consegna dei diplomi negli Stati Uniti di presentare delle storielle in forma di piccoli apologhi istruttivi. La storia è forse una delle migliori, tra le meno stupidamente convenzionali nel genere, ma se vi state preoccupando che io pensi di presentarmi qui come il vecchio pesce saggio, spiegando cosa sia l’acqua a voi giovani pesci, beh, vi prego, non fatelo. Non sono il vecchio pesce saggio. Il succo della storia dei pesci è solamente che spesso le più ovvie e importanti realtà sono quelle più difficili da vedere e di cui parlare. Espresso in linguaggio ordinario, naturalmente diventa subito un banale luogo comune, ma il fatto è che nella trincea quotidiana in cui si svolge l’esistenza degli adulti, i banali luoghi comuni possono essere questioni di vita o di morte, o meglio, è questo ciò che vorrei cercare di farvi capire in questa piacevole mattinata di sole.

Chiaramente, l’esigenza principale in discorsi come questo è che si suppone vi parli del significato dell vostra educazione umanistica, e provi a spiegarvi perché il diploma che state per ricevere ha un effettivo valore sul piano umano e non soltanto su quello puramente materiale. Per questo, lasciatemi esaminare il più diffuso stereotipo nei discorsi fatti a questo tipo di cerimonie, ossia che che la vostra educazione umanistica non consista tanto “nel fornirvi delle conoscenze”, quanto “nell'insegnarvi a pensare”.

Se siete come me quando ero studente, non vi sarà mai piaciuto ascoltare questo genere di cose, e avrete tendenza a sentirvi un po’ insultati dall'affermazione che dobbiate aver bisogno di qualcuno per insegnarvi a pensare, poiché il fatto stesso che siete stati ammessi a frequentare un college così prestigioso vi sembra una dimostrazione del fatto che già sapete pensare. Ma vorrei convincervi che lo stereotipo dell’educazione umanistica in realtà non è per nulla offensivo, perché la vera educazione a pensare, che si pensa si debba riuscire ad avere in un posto come questo, non riguarda affatto la capacità di pensare, ma piuttosto la scelta di cosa pensare. Se la vostra assoluta libertà di scelta su cosa pensare vi sembrasse troppo ovvia per perdere del tempo a discuterne, allora vorrei chiedervi di pensare al pesce e all'acqua, e a mettere tra parentesi anche solo per pochi minuti il vostro scetticismo circa il valore di ciò che è completamente ovvio.

Ecco un’altra piccola storia istruttiva. Ci sono due tizi che siedono insieme al bar in un posto sperduto e selvaggio in Alaska. Uno dei due tizi è credente, l’altro è ateo, e stanno discutendo sull'esistenza di Dio, con quell'intensità particolare che si stabilisce più o meno dopo la quarta birra. E l’ateo dice: “Guarda, non è che non abbia ragioni per non credere. Ho avuto anche io a che fare con quella roba di Dio e della preghiera. Proprio un mese fa mi sono trovato lontano dal campo in una terribile tormenta, e mi ero completamente perso e non riuscivo a vedere nulla, e facevano 45 gradi sotto zero, e così ho provato: mi sono buttato in ginocchio nella neve e ho urlato ‘Oh Dio, se c’è un Dio, mi sono perso nella tormenta, e morirò tra poco se tu non mi aiuterai’.” E a questo punto, nel bar, il credente guarda l’ateo con aria perplessa “Bene, allora adesso dovrai credere” dice, “sei o non sei ancora vivo?” E l’ateo, alzando gli occhi al cielo “Ma no, è successo invece che una coppia di eschimesi, che passava di lì per caso, mi ha indicato la strada per tornare al campo.”

È facile interpretare questa storiella con gli strumenti tipici dell’analisi umanistica: la stessa precisa esperienza può avere due significati totalmente diversi per due persone diverse, avendo queste persone due diversi sistemi di credenze e due diversi modi di ricostruire il significato dall'esperienza. Poiché siamo convinti del valore della tolleranza e della varietà delle convinzioni, in nessun modo la nostra analisi umanistica vorrà affermare che l’interpretazione di uno dei due tizi sia giusta a quella dell’altro falsa o cattiva. E questo va anche bene, tranne per il fatto che in questo modo non si riesce mai a discutere da dove abbiano origine questi schemi e credenze individuali. Voglio dire, da dove essi vengano dall'INTERNO dei due tizi. Come se l’orientamento fondamentale verso il mondo di una persona e il significato della sua esperienza fossero in qualche modo intrinseci e difficilmente modificabili, come l’altezza o il numero di scarpe, o automaticamente assorbiti dal contesto culturale, come il linguaggio. Come se il modo in cui noi costruiamo il significato non fosse in realtà un fatto personale, frutto di una scelta intenzionale. Inoltre, c’è anche il problema dell’arroganza. Il tizio non credente è totalmente certo nel suo rifiuto della possibilità che il passaggio degli eschimesi abbia qualche cosa a che fare con la sua preghiera. Certo, ci sono un sacco di credenti che appaiono arroganti e anche alcune delle loro interpretazioni. E sono probabilmente anche peggio degli atei, almeno per molti di noi. Ma il problema del credente dogmatico è esattamente uguale a quello del non credente: una certezza cieca, una mentalità chiusa che equivale a un imprigionamento così totale che il prigioniero non si accorge nemmeno di essere rinchiuso.

Il punto che vorrei sottolineare qui è che credo che questo sia una parte di ciò che vuole realmente significare insegnarmi a pensare. A essere un po’ meno arrogante. Ad avere anche solo un po’ di coscienza critica su di me e le mie certezze. Perché una larga percentuale di cose sulle quali tendo a essere automaticamente certo risulta essere totalmente sbagliata e deludente. Ho imparato questo da solo e a mie spese, e così immagino sarà per voi una volta laureati.

Ecco un esempio della totale falsità di qualche cosa su cui tendo ad essere automaticamente sicuro: nella mia esperienza immediata, tutto tende a confermare la mia profonda convinzione che io sia il centro assoluto dell’universo, la più reale e vivida e importante persona che esista. Raramente pensiamo a questa specie di naturale, fondamentale egocentrismo, perché è qualche cosa di socialmente odioso. Ma in effetti è lo stesso per tutti noi. È la nostra configurazione di base, codificata nei nostri circuiti fin dalla nascita. Pensateci: non c’è nessuna esperienza che abbiate fatto di cui non ne siate il centro assoluto. Il mondo, così come voi lo conoscete, è lì davanti a VOI o dietro di VOI, o alla VOSTRA sinistra o alla VOSTRA destra, sulla VOSTRA TV o sul VOSTRO schermo. E così via. I pensieri e i sentimenti delle altre persone devono esservi comunicati in qualche modo, ma i vostri sono così immediati, urgenti, reali.

Adesso vi prego di non pensare che io voglia farvi una lezione sulla compassione o la sincerità o altre cosiddette “virtù”. Il problema non è la virtù. Il problema è di scegliere di fare il lavoro di adattarsi e affrancarsi dalla configurazione di base, naturale e codificata in noi, che ci fa essere profondamente e letteralmente centrati su noi stessi, e ci fa vedere e interpretare ogni cosa attraverso questa lente del sé. Le persone che riescono ad adattare la loro configurazione di base sono spesso descritti come “ben adattati”, che credo non sia un termine casuale.
Considerando la trionfale cornice accademica in cui siamo, viene spontaneo porsi il problema di quanto di questo lavoro di autoregolazione della nostra configurazione di base coinvolga conoscenze effettive e il nostro stesso intelletto. Questo problema è veramente molto complicato. Probabilmente la più pericolosa conseguenza di un’educazione accademica, almeno nel mio caso, è che ha permesso di svilupparmi verso della roba super-intellettualizzata, di perdermi in argomenti astratti dentro la mia testa e, invece di fare semplicemente attenzione a ciò che mi capita sotto al naso, fare solo attenzione a ciò che capita dentro di me.
Come saprete già da un pezzo, è molto difficile rimanere consapevoli e attenti, invece di lasciarsi ipnotizzare dal monologo costante all'interno della vostra testa (potrebbe anche stare succedendo in questo momento). Vent'anni dopo essermi laureato, sono riuscito lentamente a capire che lo stereotipo dell’educazione umanistica che vi “insegna a pensare” è in realtà solo un modo sintetico per esprimere un’idea molto piu significativa e profonda: “imparare a pensare” vuol dire in effetti imparare a esercitare un qualche controllo su come e cosa pensi. Significa anche essere abbastanza consapevoli e coscienti per scegliere a cosa prestare attenzione e come dare un senso all'esperienza. Perché, se non potrete esercitare questo tipo di scelta nella vostra vita adulta, allora sarete veramente nei guai. Pensate al vecchio luogo comune della “mente come ottimo servitore, ma pessimo padrone”. Questo, come molti luoghi comuni, così inadeguati e poco entusiasmanti in superficie, in realtà esprime una grande e terribile verità. Non a caso gli adulti che si suicidano con armi da fuoco quasi sempre si sparano alla testa. Sparano al loro pessimo padrone. E la verità è che molte di queste persone sono in effetti già morte molto prima di aver premuto il grilletto.

E vi dico anche quale dovrebbe essere l’obiettivo reale su cui si dovrebbe fondare la vostra educazione umanistica: come evitare di passare la vostra confortevole, prosperosa, rispettabile vita adulta, come dei morti, incoscienti, schiavi delle vostre teste e della vostra solita configurazione di base per cui “in ogni momento” siete unicamente, completamente, imperiosamente soli. Questo potrebbe suonarvi come un’iperbole o un’astrazione senza senso. Cerchiamo di essere concreti. Il fatto puro e semplice è che voi laureati non avete ancora nessun’idea di cosa “in ogni momento” significhi veramente. Questo perché nessuno parla mai, in queste cerimonie delle lauree, di una grossa parte della vita adulta americana. Questa parte include la noia, la routine e la meschina frustrazione. I genitori e i più anziani tra di voi sapranno anche troppo bene di cosa sto parlando.

Tanto per fare un esempio, prendiamo una tipica giornata da adulto, e voi che vi svegliate la mattina, andate al vostro impegnativo lavoro da colletto-bianco-laureato-all'università, e lavorate duro per otto o dieci ore, fino a che, alla fine della giornata, siete stanchi e anche un po’ stressati e tutto ciò che vorreste sarebbe di tornarvene casa, godervi una bella cenetta e forse rilassarvi un po’ per un’oretta, per poi ficcarvi presto nel vostro letto perché, evidentemente, dovrete svegliarvi presto il giorno dopo per ricominciare tutto da capo. Ma, a questo punto, vi ricordate che non avete nulla da mangiare a casa. Non avete avuto tempo di fare la spesa questa settimana a causa del vostro lavoro così impegnativo, per cui, uscendo dal lavoro, dovete mettervi in macchina e guidare fino al supermercato. È l’ora di punta e il traffico è parecchio intenso. Per cui per arrivare al supermercato ci mettete moltissimo tempo, e quando finalmente arrivate, lo trovate pieno di gente, perché naturalmente è proprio il momento del giorno in cui tutti quelli che lavorano come voi cercano di sgusciare in qualche negozio di alimentari. E il supermercato è disgustosamente illuminato e riempito con della musica di sottofondo abbrutente o del pop commerciale, ed è proprio l’ultimo posto in cui vorreste essere, ma non potete entrare e uscire rapidamente, vi tocca vagare su e giù tra le corsie caotiche di questo enorme negozio super-illuminato per trovare la roba che volete e dovete manovrare con il vostro carrello scassato nel mezzo delle altre persone, anche loro stanche e di fretta come voi, con i loro carrelli (eccetera, eccetera, ci do' un taglio poiché è una cerimonia piuttosto lunga) e alla fine riuscite a raccogliere tutti gli ingredienti della vostra cena, e scoprite che non ci sono abbastanza casse aperte per pagare, anche se è l’ora-di-punta-di-fine-giornata. Cosi la fila per pagare è incredibilmente lunga, che è una cosa stupida e che vi fa arrabbiare. Ma voi non potete sfogare la vostra frustrazione sulla povera signorina tutta agitata alla cassa, che è super-stressata da un lavoro la cui noia quotidiana e insensatezza supera l’immaginazione di ognuno di noi qui in questa prestigiosa Università.

Ma in ogni modo, finalmente arrivate in fondo a questa fila, pagate per il vostro cibo, e vi viene detto “buona giornata” con una voce che è proprio la voce dell’oltretomba. Quindi dovete portare quelle orrende, sottili buste di plastica del supermercato nel vostro carrello con una ruota impazzita che spinge in modo esasperante verso sinistra, di nuovo attraverso il parcheggio affollato, pieno di buche e di rifiuti, e guidare verso casa di nuovo attraverso il traffico dell’ora di punta, lento, intenso, pieno di SUV, ecc.

A tutti noi questo è capitato, certamente. Ma non è ancora diventato parte della routine della vostra vita effettiva di laureati, giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, anno dopo anno. Ma lo sarà. E inoltre ci saranno tante altre routine apparentemente insignificanti, noiose e fastidiose. Ma non è questo il punto. Il punto è che è proprio con stronzate meschine e frustranti come questa che interviene la possibilità di scelta. Perché il traffico e le corsie affollate del supermercato e la lunga coda alla cassa mi danno il tempo di pensare, e se io non decido in modo meditato su come pensare e a cosa prestare attenzione, sarò incazzato e infelice ogni volta che andrò a fare la spesa. Perché la mia naturale configurazione di base è la certezza che situazioni come questa riguardino solo me. La MIA fame e la MIA stanchezza e il MIO desiderio di andarmene a casa, e mi sembrerà che ogni altra persona al mondo stia lì ad ostacolarmi. E chi sono poi queste persone che mi ostacolano? E guardate come molti di loro sono repellenti, e come sembrano stupidi e bovini e con gli occhi spenti e non-umani nella coda alla cassa, o anche come è fastidioso e volgare che le persone stiano tutto il tempo a urlare nei loro cellulari mentre sono nel mezzo della fila. E guardate quanto tutto ciò sia profondamente e personalmente ingiusto.

Oppure, se la mia configurazione di base è più vicina alla coscienza sociale e umanistica, posso passare un bel po’ di tempo nel traffico di fine giornata a essere disgustato da tutti quei grossi, stupidi SUV e Hummers e furgoni con motori a 12 valvole, che bloccano la strada e consumano il loro costoso, egoistico serbatoio da 40 galloni di benzina, e posso anche soffermarmi sul fatto che gli adesivi patriottici e religiosi sembrano essere sempre sui veicoli più grandi e più disgustosamente egoisti, guidati dai più brutti, più incoscienti e aggressivi dei guidatori. (Attenzione, questo è un esempio di come NON bisogna pensare…) E posso pensare che i figli dei nostri figli ci disprezzeranno per aver sprecato tutto il carburante del futuro e avere probabilmente fottuto il clima, e che noi tutti siamo viziati e stupidi ed egoisti e ripugnanti, e che la moderna civiltà dei consumi faccia proprio schifo, e così via.

Avete capito l’idea.

Se scelgo di pensare in questo modo in un supermercato o sulla superstrada, va bene. Un sacco di noi lo fanno. Tranne che il fatto di pensare in questo modo diventa nel tempo così facile e automatico che non è più nemmeno una vera scelta. Diventa la mia configurazione di base. È questa la modalità automatica in cui vivo le parti noiose, frustranti, affollate della mia vita da adulto, quando sto operando all'interno della convinzione automatica e inconscia di essere il centro del mondo, e che i miei bisogni e i miei sentimenti prossimi sono ciò che determina le priorità del mondo intero.

In realtà, naturalmente, ci sono molti modi diversi di pensare in questo tipo di situazioni. Nel traffico, con tutte queste macchine ferme e immobili davanti a me, non è impossibile che una delle persone nei SUV abbia avuto un orribile incidente d’auto nel passato, e adesso sia cosi terrorizzata dal guidare che il suo terapista le ha ordinato di prendere un grosso e pesante SUV, così che possa sentirsi abbastanza sicura quando guida. O che quell’Hummer che mi ha appena tagliato la strada sia forse guidato da un padre il cui figlio piccolo è ferito o malato nel sedile accanto a lui, e stia cercando di portarlo in ospedale, ed abbia quindi legittimamente molto più fretta di me: in effetti sono io che blocco la SUA strada.

Oppure posso sforzarmi di considerare la possibilità che tutti gli altri nella fila alla cassa del supermercato siano stanchi e frustrati come lo sono io, e che alcune di queste persone probabilmente abbiano una vita molto più dura, noiosa e dolorosa della mia.

Di nuovo, vi prego di non pensare che vi stia dando dei consigli morali, o vi stia dicendo che dovreste pensare in questo modo, o che qualcuno si aspetta da voi che lo facciate. Perché è difficile. Richiede volontà e fatica, e se voi siete come me, in certi giorni non sarete capaci di farlo, o più semplicemente non ne avrete voglia.

Ma molte altre volte, se sarete abbastanza coscienti da darvi la possibilità di scegliere, voi potrete scegliere di guardare in un altro modo a questa grassa signora super-truccata e con gli occhi spenti che ha appena sgridato il suo bambino nella coda alla cassa. Forse non è sempre così. Forse è stata sveglia per tre notti di seguito tenendo la mano del marito che sta morendo di un cancro alle ossa. O forse questa signora è l’impiegata meno pagata della motorizzazione, che proprio ieri ha aiutato vostra moglie a risolvere un orribile e snervante problema burocratico con alcuni piccoli atti di gentilezza amministrativa.

Va bene, nessuno di questi casi è molto probabile, ma non è nemmeno completamente impossibile. Dipende da cosa volete considerare. Se siete automaticamente sicuri di sapere cos'è la realtà, e state operando sulla base della vostra configurazione di base, allora voi, come me, probabilmente non avrete voglia di considerare possibilità che non siano fastidiose e deprimenti. Ma se imparate realmente a concentrarvi, allora saprete che ci sono altre opzioni possibili. Avrete il potere di vivere una lenta, calda, affollata esperienza da inferno del consumatore, e renderla non soltanto significativa, ma anche sacra, ispirata dalle stesse forze che formano le stelle: amore, amicizia, la mistica unità di tutte le cose fuse insieme. Non che la roba mistica sia necessariamente vera. La sola cosa che è Vera con la V maiuscola è che sta a voi decidere di vederlo o meno.

Questa, credo, sia la libertà data da una vera educazione, di poter imparare ad essere “ben adattati”. Voi potrete decidere con coscienza che cosa ha significato e che cosa non lo ha. Potrete scegliere in cosa volete credere. Ed ecco un’altra cosa che può sembrare strana, ma che è vera: nella trincea quotidiana in cui si svolge l’esistenza degli adulti non c’è posto per una cosa come l’ateismo. Non è possibile non adorare qualche cosa. Tutti credono. La sola scelta che abbiamo è su che cosa adorare. E forse la più convincente ragione per scegliere qualche sorta di dio o una cosa di tipo spirituale da adorare – sia essa Gesù Cristo o Allah, sia che abbiate fede in Geova o nella Santa Madre Wicca, o nelle Quattro Nobili Verità, o in qualche inviolabile insieme di principi etici – è che praticamente qualsiasi altra cosa in cui crederete finirà per mangiarvi vivo. Se adorerete il denaro o le cose, se a queste cose affiderete il vero significato della vita, allora vi sembrerà di non averne mai abbastanza. È questa la verità. Adorate il vostro corpo e la bellezza e l’attrazione sessuale e vi sentirete sempre brutti. E quando i segni del tempo e dell’età si cominceranno a mostrare, voi morirete un milione di volte prima che abbiano ragione di voi. Ad un certo livello tutti sanno queste cose. Sono state codificate in miti, proverbi, luoghi comuni, epigrammi, parabole, sono la struttura di ogni grande racconto. Il trucco sta tutto nel tenere ben presente questa verità nella coscienza quotidiana.
Adorate il potere, e finirete per sentirvi deboli e impauriti, e avrete bisogno di avere sempre più potere sugli altri per rendervi insensibili alle vostre proprie paure. Adorate il vostro intelletto, cercate di essere considerati intelligenti, e finirete per sentirvi stupidi, degli impostori, sempre sul punto di essere scoperti. Ma la cosa insidiosa di queste forme di adorazione non è che siano cattive o peccaminose, è che sono inconsce. Sono la configurazione di base.

Sono forme di adorazione in cui scivolate lentamente, giorno dopo giorno, diventando sempre più selettivi su quello che volete vedere e su come lo valutate, senza essere mai pienamente consci di quello che state facendo.

E il cosiddetto “mondo reale” non vi scoraggerà dall'operare con la configurazione di base, poiché il cosiddetto “mondo reale” degli uomini e del denaro e del potere canticchia allegramente sul bordo di una pozza di paura e rabbia e frustrazione e desiderio e adorazione di sé. La cultura contemporanea ha imbrigliato queste forze in modo da produrre una ricchezza straordinaria e comodità e libertà personale. La libertà di essere tutti dei signori di minuscoli regni grandi come il nostro cranio, soli al centro del creato. Questo tipo di libertà ha molti lati positivi. Ma naturalmente vi sono molti altri tipi di libertà, e del tipo che è il più prezioso di tutti, voi non sentirete proprio parlare nel grande mondo esterno del volere, dell’ottenere e del mostrarsi. La libertà del tipo più importante richiede attenzione e consapevolezza e disciplina, e di essere veramente capaci di interessarsi ad altre persone e a sacrificarsi per loro più e più volte ogni giorno in una miriade di modi insignificanti e poco attraenti.

Questa è la vera libertà. Questo è essere istruiti e capire come si pensa. L’alternativa è l’incoscienza, la configurazione di base, la corsa al successo, il senso costante e lancinante di aver avuto, e perso, qualcosa di infinito.

Lo so che questa roba probabilmente non vi sembrerà molto divertente o ispirata, come un discorso per questo di genere di cerimonie dovrebbe sembrare. In questo consiste però, per come la vedo io, la Verità con la V maiuscola, scrostata da un sacco di stronzate retoriche. Certamente, siete liberi di pensare quello che volete di tutto questo. Ma per favore non scartatelo come se fosse una sermone ammonitorio alla Dr. Laura. Niente di questa roba è sulla morale o la religione o il dogma o sul grande problema della vita dopo la morte. La Verità con la V maiuscola è sulla vita PRIMA della morte. È sul valore reale di una vera istruzione, che non ha quasi nulla a che spartire con la conoscenza e molto a che fare con la semplice consapevolezza, consapevolezza di cosa è reale ed essenziale, ben nascosto, ma in piena vista davanti a noi, in ogni momento, per cui non dobbiamo smettere di ricordarci più e più volte: “Questa è acqua, questa è acqua.”

È straordinariamente difficile da fare, rimanere coscienti e consapevoli nel mondo adulto, in ogni momento. Questo vuol dire che anche un altro dei grandi luoghi comuni finisce per rivelarsi vero: la vostra educazione è realmente un lavoro che dura tutta la vita. E comincia ora.

Auguro a tutti una grossa dose di fortuna. "
(David Foster Wallace)

...thanks to Roberto NATALINI per la traduzione... ;)