domenica 11 gennaio 2009

" ...ascolta la sua voce che ormai canta nel vento... "

- PROLOGO -

A Bellizzi esisteva un solo negozio di dischi. Io lo frequentavo spesso... mi lasciavo incantare dalle copertine degli album, i magnifici LP!
Ne comprai parecchi, alcuni ordinati ed attesi per settimane. Il primo, forse, fu "IN CERTI MOMENTI" di Eros Ramazzotti, avevo 13 anni.

Tempi duri per la musica, non si facevano grandi affari. Le musicassette da amico ad amico e, peggio ancora, da contrabbandiere a cliente (le originali mixed by Erry), impedivano il business e così, poco prima dell'arrivo del supporto digitale, anche quel negozio svanì.

Mio padre è sempre stato un ottimo fruitore di musica. Ascoltava, suonava, cantava e ballava. Aveva ed ha ancora una buona collezione di vinile...
Mio fratello maggiore era più esterofilo ed innovativo... portò anche il primo CD a casa.
L'altro mio fratello, sempre maggiore rispetto a me, preferiva la comodità delle audiocassette...
Nell'insieme avevo a disposizione un gran bel pò di musica: Adriano Celentano, Nicola Di Bari, Gianni Morandi, Alan Sorrenti, ModernTalking, Michael Jackson, Toto, Bee Gees, Pet Shop Boys, Pino Daniele, Renato Zero, Prince, Fabio Concato, Fausto Papetti, Frankie Goes To Hollywood, Santo & Johnny, ecc...

Io, con la paghetta, riuscivo ad acquistare anche due album al mese. Mio nonno, fortunatamente, mi garantiva il TOPOLINO settimanale...
Ripulii, forse in poco più di un anno, quel negozio di dischi. Mi aiutarono anche i regali d'ogni occasione che dirottavo sulla musica...
Dalla raccolta completa di Ramazzotti passai a quella di Pino Daniele, proseguii la raccolta di Renato Zero, iniziata da mio fratello maggiore più piccolo, fino alla folgorazione per i cantautori...

Una sera in tv, alla RAI, trasmetterono uno splendido concerto da CINECITTA'. Pochi giorni al Natale 1990, un concerto per Telefono Azzurro. Io, impressionato dall'ultimo album di Pino Daniele (Mascalzone Latino), mi incollai al teleschermo e registrai l'avvenimento...
Ancora oggi desidererei rivederlo, purtroppo la vhs è andata dispersa. Fu un evento di una bellezza impressionante: Francesco Guccini, Paolo Conte, Ivano Fossati, Pino Daniele, Fabrizio De Andrè e Lucio Dalla!!!!!
...scoprii Fossati, il più bravo in quella serata, mi piacque Dalla e mi scosse De Andrè.
Per Natale: "Discanto" di Fossati, "Cambio" di Dalla e "Le nuvole" di De Andrè... che annate!!!

- Fabrizio De Andrè ( 1940/1999) -

"...verso la fine degli anni sessanta vendeva cinquantamila trentatrè giri all'anno. E, praticamente, nessun 45 giri. Un fenomeno anomalo in una situazione discografica ancora dominata dal festival di Sanremo. Dieci anni dopo sarebbe diventata la regola per tutti i cantatutori.
Per anni i suoi dischi sono stati una finezza da liceali, roba da circuito clandestino, qualcosa di strano e affascinante dove convivevano riferimenti dotti, musica antica, protesta, demistificazione e parole come puttana...
A dodici anni parlava francese in casa col babbo, a diciotto aveva letto tutti i poeti francesi. Decide, però, di iscriversi alla facoltà di lettere solo perchè a Genova era quella con il maggior numero di ragazze.
Un'origine borghese? Di più, di più. Addirittura mezza nobile, con infiltrazioni sabaude.
Non è convinto di essere un poeta ma rifiuta il ruolo di cantante. E non perchè mi facciano schifo i soldi ma perchè cantare in certi contesti mi riesce impossibile.
E poi c'è il problema della tv e della radio che continuano a vietare gran parte delle canzoni, brani che hanno fatto impazzire generazioni di burocrati radiotelevisivi: Carlo Martello (perchè non sipuò cantare un sovrano che crede d'aver fatto una conquista ed invece è semplicemente andato a puttane), Il testamento (perchèscherza con la mortein maniera poco formale), La guerra di Piero (canzone antimilitarista e pacifista per eccellenza, rientrava fra quelle che alla Rai si potevano trasmettere solo con una accurata presentazione predisposta dalla Direzione Generale), Valzer per un amore (canzone che sembra una ripicca di classe contro una che non si è concessa, ovvero non ha corrisposto alla passione del poeta... una perfidia incredibile in quell'immaginarsi lei, con forte anticipo, carica d'anni e di castità).
Un De Andrè capace di diffondere temidi ampio impegno senza bisogno di comizi, solo con la sua poesia, rubacchiando - come diceva lui - versiqua e là dai grandi.
Scandalizzava i borghesi ma la Radio Vaticana invitava sovente il cantautore ai suoi microfoni. Nella segreta speranza che sotto la chitarra di Lucifero si nascondesse un flauto d'Arcangelo."

- Mario Luzzato Fegiz
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"Uno dei più bei romanzi italiani usciti negli ultimi anni, La leggenda di Redenta Tiria di Salvatore Niffoi, si apre con una singolare dedica: A un amico fragile che la Voce si è portato via.
La Voce, nel libro dello scrittore di Barbagia, è una misteriosa entità che chiama le persone a tempo debito, e quelle non possono far altro che ubbidire e sparire dalla scena del mondo. L'amico fragile non può essere che Fabrizio De Andrè.
Anche l'amico fragile un giorno ha sentito la Voce che gli intimava di uscire. Se n'è andato, spinto da quella mano invisibile. Ma quel giorno, drammatico e fulgido, dev'essere stato l'unica volta che la Voce ha riconosciuto sul suo cammino un'altra Voce.
Fabrizio era innanzitutto la sua voce, una voce che si riconosceva all'istante come quella, antichissima e vivificante, di un cantore di razza. Si potrebbero anche trovare tre o quattro aggettivi per descriverla, ma sarebbe del tutto inutile, perchè quel timbro era così unico, inconfondibile, inimitabile da apparire necessario. E la necessità è qualcosa che non appartiene soltanto al mondo della musica: la sua voce non era mai estranea a ciò di cui parlava. Era una voce etica.
Si dice che Fabrizio avesse qualche problema con il pubblico (non gli piaceva apparire, specie in tv), con la sua immagine pubblica. Più che la negazione, coltivava il dubbio. Che è la cosa più lontana che esista dalla professione di cantante. Di solito, le canzoni celebrano l'amore o la sua mancanza, si preoccupano di riempire un'esistenza, rappresentano una pienezza, anche se inquieta o aggressiva. Fabrizio, invece, di certezze non ne conosceva, dato che tutte gli apparivano ugualmente fragili. Così, alla notizia della sua scomparsa, tutti i media non hanno potuto fare altro che riprodurre questa incertezza.
Meravigliosa incertezza che gli ha consentito di migliorarsi in continuazione, di crescere, di affinare quel senso etico, prima che estetico che gli permetteva di dare una sostanza non solo ai suoi giudizi - è quanto tentiamo di fare tutti - ma soprattutto alle sue emozioni musicali...
Per molti della mia generazione sentire Fabrizio è stato come leggere un romanzo di formazione, uno di quei libri in cui si racconta una crescita e ci si identifica in una maturazione. In cui il lettore cresce e matura leggendo...
...Fabrizio è stato un mio punto di riferimento, una mia cattiva strada insieme con uno strano e scombinato drappello di scrittori e registi: il Pavese di Lavorare stanca, Beppe Fenoglio, Francois Truffaut, John Ford, gli americani di Vittorini trovati su una bancarella...
De Andrè era allora un mito, e per quanto suoni oggi goffa l'espressione non ce n'è un'altra in grado di significare la cotta, il trasporto, la voglia di identificarsi in lui.
Adesso che la Voce ha chiamato la Voce, il più fragile degli amici immaginati si rivela il più forte, il più duraturo, il più vitale.
- Aldo Grasso
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Le dieci canzoni di Fabrizio De Andrè che mi hanno segnato maggiormente:


creuza de mà - la città vecchia - la canzone di Marinella

don Raffaè - la ballata dell'amore cieco... - khorakhanè

la guerra di Piero - il suonatore Jones - la domenica delle salme

introduzione... canzone del maggio

1 commento:

Anonimo ha detto...

..e grazie al figlio Cristiano è ancora possibile lasciarsi accarezzare da quel Vento che ha "l'odore di erba e di brina".
chicca.