mercoledì 25 gennaio 2017

" Millennials... "

..."...vogliono un lavoro che abbia uno scopo. Giusto.
Vogliono lasciare il segno, qualsiasi cosa significhi.
Per qualche ragione però, i Millennials non sono comunque felici.
Troppi sono cresciuti con strategie fallimentari di educazione familiare: è sempre stato detto loro che erano speciali. Che potevano avere tutto quello che volevano dalla vita.
Abbiamo dato loro medaglie, anche per arrivare ultimi...
E così quando entrano nel mondo reale, l’immagine che hanno di se stessi si sgretola."...

..."...in un mondo di Facebook e Instagram, dove per tutto c’è un filtro, siamo bravi a mostrare alla gente che la vita è magnifica, anche se siamo depressi..."...

..."...non ci sono più relazioni profonde: nei momenti di stress i Millennials non si rivolgono a una persona, ma a un dispositivo e ai social media, che offrono un sollievo temporaneo..."...

..."...abbiamo una generazione che ha poca fiducia in se stessa, e non ha mezzi per affrontare lo stress.
Tutto ciò che vuoi, lo puoi avere subito. Tranne le gratificazioni sul lavoro e personali: per quelle non c’è un’app, sono processi lenti, oscuri, piacevoli e incasinati."...

..."...lo scenario peggiore è l’aumento dei suicidi e dei casi di depressione.
Nella migliore delle ipotesi avremo una generazione che crescerà e vivrà la propria vita senza mai trovare la vera felicità."...

..."...la colpa non è solo dei genitori, ma anche degli ambienti aziendali a cui interessano più i numeri, che la vita di queste giovani persone...

Si danno la colpa se non ottengono tutto e subito.
Manca una leadership positiva.

Vorrei che i genitori e la società avessero fatto di meglio, ma siamo fatti così..."...


giovedì 5 gennaio 2017

" Tu sei speciale... "

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 "Questi sono i miei palloni e le mie scatole", disse a bassa voce.

 "Tu ci giochi, con scatole e palloni?".

Pulcinello scosse la testa.

 "Ti piacciono, scatole e palloni?".

 "Mi piace come mi fanno sentire".

 "E come ti fanno sentire?".

 "Importante", rispose Pulcinello, sempre  bassa voce.

 "Hmmm", fece Eli. "Così anche tu pensi come gli altri Wemmicks. Pensi di essere migliore perché hai più cose, e che per questo sarai più felice".

 "Credo di sì".

 "Vieni qui, Pulcinello. C'è qualcosa che voglio farti vedere".

Pucinello alzò la testa di legno e guardò Eli per la prima volta. Fu felice di scoprire che il cretore degli Wemmicks non era arrabbiato. Pulcinello seguì Eli alla finestra.

 "Guardali", disse Eli.

Pulcinello guardò fuori dalla finestra e vide lo sciame degli Wemmicks che stava ancora scalando la montagna. Inciampando, cascando, facendo a gomitate per arrivare primi.

 "Ti sembrano felici?", chiese Eli.

Pulcinello scosse la testa.

 "Ti sembrano importanti?".

 "Per niente", disse Pulcinello, notando il sindaco e sua moglie.
Il sindaco era finito per terra e lei gli stava camminando sopra. La moglie aveva una scatola sula testa e lui teneva una palla in bocca.

 "Pensi che abbia creato gli Wemmicks perché si comportino in questo modo?", chiese Eli.

 "No".

Pulcinello avvertì una grande mano sulla sua spalla.

 "Sai quanto le tue scatole e i tuoi palloni ti sono costati?".

 "I miei libri e il mio letto. I miei soldi e la mia casa".

 "Mio piccolo amico, ti sono costati molto di più".

Pulcinello stava cercando di ricordare cos'altro avesse venduto, quando Eli continuò:

 "Ti sono costati la felicità. Non sei più stato contento, vero?".

 "No", rispose Pulcinello, dopo un momento.

 "Ti sono costati gli amici. E, più di ogni altra cosa, ti sono costati la fiducia in me. Non hai pensato che ti avrei fatto felice. Pensavi che lo avrebbero fatto le scatole e i palloni".

Pulcinello guardò il mucchio di giocattoli.
All'improvviso non gli sembravano più così preziosi.

 "Ho combinato un bel pasticcio".

 "Fa lo stesso", rispose Eli. "Sei sempre importante".

Pucinello chinò il capo e sorrise.

 "Tu sei speciale, ma non per quello che hai. Sei speciale per ciò che sei. Tu sei mio. Io ti amo. Non dimenticarlo, mio piccolo amico".

 "Non lo farò", Pulcinello sorrise. Poi fece una pausa. "Eli?", chiese.

 "Sì?".

 "Che ne farò, delle scatole e dei palloni?".

 "Forse dovresti regalarli a chi ne ha davvero bisogno".

Pulcinello fece per andarsene, ma si fermò di nuovo.

 "Eli?".

 "Sì?".

 "Non ho un posto per dormire".

Eli sorrise.

 "Perché stanotte non dormi qui?".

 "Lo farò di certo. Sono molto stanco".

E così quella notte Pulcinello dormì su un letto di trucioli.
Dormì bene. Si stava bene, nella casa del creatore.
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