domenica 20 maggio 2012

" DIFFONDERE IL POTERE, NON CONCENTRARLO "

"Oggi le decisioni sono sempre prese altrove – non a livello comunale ma regionale, non nel parlamento romano ma a Bruxelles, non a Bruxelles ma a Francoforte, non alla BCE ma dai ‘mercati’, strane creature che vivono solo di giorno ma che decidono tutto lo stesso, sia per il giorno che per la notte. Il nostro compito è di frenare per quanto possiamo questa fuga decisionale verso l’alto, l’inspiegabile e l’astratto. Bisogna innescare un processo opposto che destituisca, decostruisca, ceda, decentri, abbassi, distribuisca, diffonda il potere. Bisogna riaffermare la validità della dimensione territoriale locale (ma non’ localistica’), espandendo tutti quegli spazi in cui il governo e il cittadino sono vicini l’uno all’altro. Il comune è uno di questi. Carlo Cattaneo, una delle più belle ed inascoltate voci del nostro Risorgimento, nel 1864 descrisse il comune come ‘la nazione nel più intimo asilo della sua libertà’. E aggiunse, con un pizzico di amarezza: ‘pare che fuori di codesto modo di governo la nostra nazione non sappia operare cose grandi’. Ridare spazio e poteri ai comuni, e metterli in contatto tra di loro sarebbe già in sé una ‘cosa grande’. La Rete dei comuni per i beni comuni punta in questa direzione, verso una valorizzazione profonda dei beni comuni e dei diritti fondamentali ad essi collegati. E punta anche ad agire dal basso verso l’alto, costituendo una sede congeniale per proposte da sottoporre alla Commissione Europea ai sensi del Trattato di Lisbona e del reg. UE n.211/2001. Si pensi, per esempio, al progetto di una ‘Carta Europea dei Beni Comuni’, così come deliberato dal Comune di Napoli, mediante la quale inserire la nozione di bene comune tra i valori fondanti dell’Unione e fronteggiare la dimensione puramente mercantile (market oriented) del diritto comunitario. In questo modo il potere locale riesce ad aggregarsi, a contare a livello nazionale, a diventare forza anche transnazionale ma sempre quale attuazione di un indirizzo politico espresso dal basso e soprattutto dalla cittadinanza attiva. Non basta. Il comune è un’istituzione costituzionale, non un’aggregazione di una certa tendenza politica. Un soggetto politico nuovo dovrebbe impegnarsi su tanti terreni, sia dentro le istituzioni che fuori, cercando sempre di coniugare fra di loro livelli diversi della democrazia: quella rappresentativa, quella partecipativa e quella di prossimità. In prima istanza esso dovrebbe interagire con le forze e movimenti della società civile. Essi agiscono per una grande varietà di motivi – in nome dell’ambiente, in difesa dei diritti dei lavoratori, per la legalità e contro la criminalità organizzata, per la dignità e la parità delle donne – in un mondo (e un mondo di lavoro) ancora profondamente patriarcali. Nel rapporto tra i generi l’eguaglianza non può limitarsi alle “pari opportunità” cioè ad accomodamenti (pur necessari) dentro un sistema che resta immutabile, ma diviene un processo in grado di sovvertire l’esistente. Chi vive una situazione di ineguaglianza non può limitarsi a voler essere uguale a chi si ritiene superiore o più potente, al contrario aspira al superamento dei vecchi modelli. Tutte queste istanze della società civile sottolineano giustamente la loro specificità e autonomia; molte insistono anche sull’informalità e spontaneità delle loro strutture. Ma allo stesso tempo tutte hanno un bisogno disperato di connettersi fra loro e con le sedi decisionali, di presentare i loro punti di vista nelle istituzioni e di riformare quelle istituzioni stesse. Si cerca un nuovo tipo di relazione politica: che forma potrebbe mai assumere una volta che ci si rende conto dell’inadeguatezza del sistema attuale della rappresentanza?"

www.soggettopoliticonuovo.it

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