" Euridice alla lettera significa trovare giustizia.
Orfeo va oltre il confine dei vivi per riportarla in terra.
Ho conosciuto e fatto parte di una generazione politica appassionata di giustizia, perciò innamorata di lei al punto di imbracciare le armi per ottenerla.
Intorno bolliva il 1900, secolo che spostava i rapporti di forza tra oppressori e oppressi con le rivoluzioni.
Orfeo scende impugnando il suo strumento e il suo canto solista, la mia generazione è scesa in coro dentro la rivolta di piazza.
Non dichiaro qui le sue ragioni: per gli sconfitti nelle aule dei tribunali speciali quelle ragioni erano delle circostanze aggravanti, usate contro di loro.
C’è nella formazione di un carattere rivoluzionario il lievito delle commozioni. Il loro accumulo forma una valanga.
Rivoluzionario non è un ribelle, che sfoga un suo temperamento, è invece un’alleanza stretta con uguali con lo scopo di ottenere giustizia, liberare Euridice.
Innamorati di lei accettammo l’urto frontale con i poteri costituiti.
Nel parlamento italiano che allora ospitava il più forte partito comunista di occidente, nessuno di loro era con noi. Fummo liberi da ipoteche, tutori, padri adottivi. Andammo da soli, però in massa, sulle piste di Euridice.
Conoscemmo le prigioni e le condanne sommarie costruite sopra reati associativi che non avevano bisogno di accertare responsabilità individuali. Ognuno era colpevole di tutto.
Il nostro Orfeo collettivo è stato il più imprigionato per motivi politici di tutta la storia d’Italia, molto di più della generazione passata nelle carceri fasciste.
Il nostro Orfeo ha scontato i sotterranei, per molti un viaggio di sola andata.
E’ stata la nostra variante al mito: Euridice usciva alla luce dentro qualche vittoria presa di forza all'aria aperta e pubblica, ma Orfeo finiva ostaggio.
Ma cos'altro ha di meglio da fare una gioventù, se non scendere a liberare dai ceppi la sua Euridice?
Chi della mia generazione si astenne, fu un disertore. Tutta l’attuale classe dirigente politica italiana appartiene alla specie.
Cambiammo allora i connotati del nostro paese, nelle fabbriche, nelle prigioni, nei ranghi dell’esercito, nella aule scolastiche e delle università: perfino allo stadio i tifosi imitavano gli slogan, i ritmi delle nostre manifestazioni.
Il nostro Orfeo fu contagioso, riempì di sé il decennio settanta.
Chi lo nomina sotto la voce "sessantotto" vuole abrogare una dozzina di anni dal calendario.
Si consumò una guerra civile di bassa intensità ma con migliaia di detenuti politici.
Una parte di Orfeo si specializzò in agguati e in clandestinità. Ci furono azioni clamorose ma senza futuro.
Infine il nostro Orfeo credette di essere seguito e incoraggiato da Euridice, ma quando si voltò nel buio delle celle dell’isolamento, lei non c’era.
Ho conosciuto questa versione di quei due e del loro rapporto, li ho incontrati all'aperto nelle strade.
Povera è una generazione nuova che non s’innamora di Euridice e non la va a cercare anche all'inferno."
(Erri De Luca)
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